Litorale di Cefalù, un punto indefinito del.

DI ELISA ROCCA

Increspato, schiumeggiante, sgualcito.
Dal finestrino aperto del regionale veloce 3834, il mio mare mi rimprovera l’addio.
Anche le nuvole gli danno corda.
Livide e fosche, minacciano pioggia.
Vado per sollevare il vetro, e schizzi fulminei mi sorprendono le guance di salsedine.
Sono piccoli morsi, pizzicotti stizziti di disapprovazione.
E all’improvviso mi sento come uno scoglio scoperto, che annaspa all’avanzare delle onde.
Ma non posso soccombere, farmi fregare.
Devo correre, andare.
Farmi impermeabile per poi ritornare.
Allora con l’indice porto due gocce salate alla lingua, si confondono con quelle che colano dagli occhi.
Ovunque andrò, per smania o per necessità,
per impazienza o ineluttabilità, resterò fatta di acqua salmastra.
A proposito. Stanotte ho fatto un sogno bellissimo.
Mi affacciavo alla finestra della mia stanza, pochi metri quadri stretti tra palazzoni grigi, e al posto del cortile c’era il mare, immenso e azzurrissimo.
Lo aveva dipinto mio padre, per farmi sentire sempre l’abbraccio del mio cielo.